Sara Jordenö
Kiki, 2016
N°27
Alla fine degli anni Settanta, a New York City, i protagonisti della scena nera/black LGBTQ+ si riunivano sul Christopher Street Pier, praticando una forma d'arte basata sulla performance, la Ballroom, resa famosa un decennio dopo, all'inizio degli anni Novanta, dal video musicale di Madonna Vogue e dal documentario Paris Is Burning. Venticinque anni dopo, una nuova e molto diversa generazione di giovani LGBTQ+ ha creato una sottocultura artistica e attivista, chiamata Kiki Scene. Con il termine ball culture si identifica un sottoinsieme della cultura LGBT - termine in uso fino agli anni ’90 - della sottocultura newyorkese, ossia competizioni di ballo che uniscono gay afroamericani, ispanici e persone transgender, sfilando in “drag”, ovvero indossando abiti appartenenti al genere opposto.
Kiki (Kiki, o in alternativa kiking o ki, è un termine nato all’interno della ball culture e utilizzato dalla comunità LGBTQIA+ come termine informale che indica principalmente un incontro sociale) segue sette personaggi della Kiki Scene nel corso di quattro anni, raccontando i preparativi e le loro spettacolari esibizioni nelle Kiki Ball, e parallelamente le loro battaglie (per la casa, contro le malattie e i pregiudizi) e le loro successive conquiste politiche. La Ballroom offre agli artisti uno spazio sicuro per esprimersi liberamente, diversamente dai luoghi in cui sono cresciuti, repressivi e potenzialmente violenti. Molti di loro sono stati infatti cacciati dalle loro famiglie d’origine e, in quanto persone nere LGBTQ+, costituiscono una minoranza all’interno di una minoranza. La scena Kiki si configura infatti come un gruppo guidato da pari, che offre sistemi familiari alternativi (le House), ed è poi divenuta un’organizzazione importante (e in continua crescita) con regole, leader e team che la governano, che ora conta centinaia di membri a New York, ma anche nel resto degli Stati Uniti e in Canada.
In questa collaborazione cinematografica tra le drag queens Kiki Gatekeeper, Twiggy Pucci Garçon e lə regista svedese Sara Jordenö, agli spettatori viene concesso un accesso esclusivo a un mondo dove la posta in gioco è alta e dove le feroci competizioni di Ballroom fungono da pretesto per conversazioni sui movimenti Black e Trans-Lives Matter. Questa nuova generazione di giovani ballerini usa il motto “Not About Us Without Us” e Kiki è stato realizzato con ampio supporto e fiducia da parte della comunità. Anche la colonna sonora è stata composta dal rinomato collettivo di produttori Ballroom e Voguing, Qween Beat. L’approccio insider-outsider di Twiggy e Sara dà nuova vita alla rappresentazione di una comunità emarginata che chiede visibilità e reale potere politico.
Sara Jordenö (Svezia, 1974) è regista, artista visivə, ricercatorə e professorə di film e video presso la Rhode Island School of Design (RISD). La sua pratica interseca arte, attivismo, sociologia visiva e cinema documentario. Il suo lavoro è stato ampiamente documentato su pubblicazioni come il The New Yorker, il New York Times e il Los Angeles Times, e citato in numerose pubblicazioni accademiche. Le sue opere cinematografiche e le installazioni video sono state presentate in importanti istituzioni, tra cui il Moderna Museet e il Bildmuseet di Stoccolma, il Museo di Arte Contemporanea di Copenaghen, il Walker Art Center di Minneapolis e il MoMA PS1 di New York. Tra i premi ricevuti da Jordenö ci sono l’Art Matter Award nel 2012, il Teddy Award al Berlin International Film Festival nel 2016, il Kathleen Bryan Edwards Award for Human Rights al Full Frame Documentary Festival nel 2016 e l’Edstrandska Stiftelsen Art Award nel 2019.
In the late Seventies, in New York City, the protagonists of the black/black LGBTQ+ scene gathered on the Christopher Street Pier, practicing a performance-based art form, the Ballroom, made famous a decade later in the early Nineties, by Madonna’s Vogue music video and the documentary Paris Is Burning. Twenty-five years after these cultural milestones, a new and very different generation of LGBTQ+ youth has formed an artistic and activist subculture, called the Kiki Scene. The term ballcultureidentifies a subset of New York's LGBT culture - a term in use until the 1990s - of dance competitions that unite African-American gays, Hispanics and transgender people, parading in 'drag', i.e. dressed in clothing from the opposite gender.
Kiki (Kiki, or alternatively kiking or ki, is a term that originated within ball culture and is used by the LGBTQIA+ community as an informal term indicating a social gathering mainly for gossip or general fun) follows seven characters from the Kiki Scene over the course of four years, using their preparations and spectacular performances at events known as Kiki Ball as a framing device while they delve into their struggles (such as homelessness, illness, and prejudice) and their subsequent political achievements. The Ball offers artists a safe space to express themselves freely, unlike the repressive and potentially violent places they grew up in – many of them were in fact kicked out by their families of origin and, as black LGBTQ+ people, are a minority within a minority. The Kiki scene was created within the community as a peer-led group offering alternative family systems (Houses). The scene then evolved into a major (and ever-growing) organization with rules, leaders and teams that govern it, which now has hundreds of members in New York, the United States and Canada.
In this cinematic collaboration between Kiki Gatekeeper, Twiggy Pucci Garçon and Swedish director Sara Jordenö, viewers are granted exclusive access to this high-stakes world, where fierce Ballroom competitions serve as a pretext for conversations about the Black and Trans movements. Lives Matter. This new generation of young dancers uses the motto “Not About Us Without Us” and Kiki was made with extensive community support and trust, including a soundtrack from renowned producer collective Ballroom and Voguing Qween Beat. Twiggy and Sara’s insider-outsider approach to their stories breathes new life into the portrayal of a marginalized community demanding visibility and real political power.
Sara Jordenö (Sweden, 1974) is a filmmaker, visual artist, researcher, and professor of film and video at the Rhode Island School of Design (RISD). Her practice lies at the intersection of art, activism, visual sociology and documentary filmmaking. Her work has been widely documented in publications such as The New Yorker, the New York Times, and the Los Angeles Times, and cited in numerous academic publications. Her film works and video installations have been presented at major institutions, including the Moderna Museet and the Bildmuseet in Stockholm, the Museum of Contemporary Art in Copenhagen, the Walker Art Center in Minneapolis and the MoMA PS1 in New York. Among the awards Jordenö has received are the Art Matter Award in 2012, the Teddy Award at the Berlin International Film Festival in 2016, the Kathleen Bryan Edwards Award for Human Rights at the Full Frame Documentary Festival in 2016 and the Edstrandska Stiftelsen Art Award in 2019.