Carlos Motta
Corpo Fechado – The Devil’s Work, 2018
N°21
Corpo Fechado – The Devil’s Work è assieme un documentario storico e un poema filmico che interpreta la storia di José Francisco Pereira, uno schiavo processato dall’Inquisizione di Lisbona per stregoneria e sodomia. Un adattamento del processo a Pereira si intreccia a passaggi dell’appassionata condanna della sodomia come peccato impenitente da parte di San Pier Damiani, nell’XI secolo, nella suaLettera 31(nota anche comeIl Libro di Gomorra), e alle emblematiche considerazioni di Walter Benjamin sullo storicismo e sul progresso che egli elabora nelle Tesi di filosofia della Storia. Il film rivisita l’accusa morale e legale alla sodomia in quanto costruzione storica violenta ed espressione del patriarcato ecclesiastico, istituzionale e coloniale.
Nel 1731 José Francisco Pereira, uno schiavo di Judá, Costa da Mina, fu processato dall’Inquisizione di Lisbona per stregoneria. Pereira confessò di aver realizzato e distribuito, sia in Brasile che in Portogallo, insieme al compagno schiavo José Francisco Pedroso, bolsas de mandinga, ovvero amuleti per proteggere gli schiavi dalle ferite. Confessò anche di aver stretto patti con demoni maschi e di aver avuto rapporti sessuali con loro. Pereira fu così accusato anche di sodomia, esiliato nelle galere come schiavo rematore e gli fu vietato per sempre di entrare a Lisbona.
Nel 1049 il monaco italiano San Pier Damiani scrisse a Papa Leone IX la Lettera 31, che condannava come peccati impenitenti la sodomia e tutti gli atti contro natura commessi per soddisfare il piacere sessuale oltre la procreazione – la masturbazione, la fornicazione interfemorale e il coito anale. Il Santo implorava il Papa di sradicare questo peccato diffuso nel clero attraverso argomenti giuridici e teologici, descrivendo infine la condizione spirituale dell’anima dannata sodomitica. La Lettera 31 ha probabilmente stabilito la successiva posizione storica della Chiesa Cattolica contro le pratiche sessuali omoerotiche, classificandole e ponendole in fondo agli ordini morali e legali.
Nelle Tesi sulla filosofia della storia (1940), Walter Benjamin critica lo storicismo e la nozione tradizionale e lineare della storia come continuum progressivo. Introduce questa critica attraverso la metafora dell’Angelo della Storia, una figura spinta inesorabilmente verso il futuro, ma con il volto rivolto all’indietro, condannato a vedere solo le macerie del passato. In quest’opera Benjamin disarticola il quadro della modernità sottolineando la costruzione sociale dell’idea di progresso, un’illusione in cui in realtà i vecchi sistemi sopravvivono, alimentati dalla promessa di un futuro migliore.
In Corpo Fechado – The Devil’s Work i tre resoconti cronologicamente distinti si sovrappongono per contestare la violenza esercitata dalla Chiesa cattolica coloniale nel promuovere un modello teologico unico e nel perpetuare forme e linguaggi di oppressione sessuale e delle soggettività.
Carlos Motta (Bogotà, Colombia, 1978), è un artista multidisciplinare il cui lavoro si concentra sulla documentazione delle sfide sociali e delle lotte politiche affrontate dalle minoranze sessuali, di genere ed etniche. Attraverso la sua pratica artistica, Motta mette in discussione i discorsi convenzionali mediante atti di auto-rappresentazione. In qualità di storico delle narrazioni trascurate, si impegna in una ricerca approfondita sulle lotte dei soggetti e delle società postcoloniali. Il suo lavoro si esprime attraverso una vasta gamma di media, tra cui video, installazioni, sculture, disegni, progetti web-based, performance e simposi.
Corpo Fechado: The Devil’s Work is a historical documentary and filmic poem that interprets the story of José Francisco Pereira, an enslaved man who was tried by the Lisbon Inquisition for sorcery and sodomy. An adaptation of Pereira’s trial is interwoven with passages from Saint Peter Damian’s passionate 11th-century condemnation of sodomy as an unrepeatable sin in Letter 31 (also known as The Book of Gomorrah), and Walter Benjamin’s iconic elucidations on historicism and progress in Theses on the Philosophy of History. The film revisits the morally and legally charged figure of the sodomite as a violent historical construction and expression of ecclesiastical, institutional, and colonial patriarchy.
In 1731, José Francisco Pereira, a slave from Judá, Costa da Mina, was tried by the Lisbon Inquisition for sorcery. Pereira confessed that together with fellow slave José Francisco Pedroso, he made and distributed bolsas de mandinga, amulets to protect slaves from wounds both in Brazil and Portugal. He also confessed to have made pacts with male demons and engaged in copulation with them. Pereira was thus also charged with sodomy, exiled in the galleys as a slave rower, and forbidden to enter Lisbon forever.
In 1049 Italian monk Saint Peter Damian composed Letter 31 to Pope Leo IX condemning sodomy and all acts against nature committed to satisfy sexual pleasure beyond procreation – like masturbation, inter femoral fornication and anal coitus – as unrepentable sins. The Saint passionately implored the Pope to eradicate this widespread sin within the clergy through legal and theological arguments, eventually describing the spiritual condition of the damned Sodomitic soul. Letter 31 arguably established the subsequent historical position of the Catholic Church against homoerotic sexual practices by categorizing them and placing them at the bottom of the moral and legal orders.
In Theses on the Philosophy of History (1940), Walter Benjamin critiques historicism and the notion of the past as a continuum of progress. He introduces this critique with the metaphor of the angel of history, a figure whose face is turned towards the past, with its wings caught up in a storm, unable to look into the future. In the essay Benjamin explains the framework of modernity pointing out how society has constructed "progress," an illusion in which old systems endure and are propelled forward by a promise of a better future.
In Corpo Fechado The Devil’s Work the three chronologically distinct accounts are layered to contest the violence exerted by the colonial Catholic Church to promote a singular theological model and the creation of forms and languages of sexual oppression and the subjectivities they perpetuate.
Carlos Motta (Colombia, 1978) is a multidisciplinary artist whose work revolves around documenting the social conditions and political struggles of sexual, gender and ethnic minorities to open up and challenge standard discourses through acts of self-representation. As a historian of untold narratives, Motta is engaged in in-depth research on the struggles of postcolonial subjects and societies. His work manifests itself in a variety of mediums, including video, installation, sculpture, drawing, web-based projects, performances and symposiums.