Želimir Žilnik
Inventur – Metzstraße 11, 1975
N°1
Inventur – Metzstraße 11 è un esempio della prospettiva internazionalista di Želimir Žilnik che, con la sua cinepresa, oltrepassa i confini per supportare e partecipare alle lotte di liberazione. Il film rappresenta un importante contributo al movimento della Yugoslav Black Wave degli anni Sessanta e Settanta, periodo in cui Žilnik si è orientato su questioni cruciali come le disuguaglianze, le tensioni politiche e gli stravolgimenti sociali, registrando le storie, spesso emarginate o trascurate, dei lavoratori immigrati nella Germania Ovest.
Il dibattito sulla migrazione proletaria è spesso dominato da rappresentazioni stereotipate, che tendono a rappresentare gli immigrati come soggetti subalterni e dipendenti dai contesti originari. Il titolo stesso è un termine tedesco che significa “inventario” e può essere interpretato come un tentativo di fare un bilancio delle vite e delle condizioni di questi lavoratori all’interno di una realtà industriale complessa.
Presentati uno dopo l’altro lungo le scale di un condominio, trenta occupanti, in gran parte “lavoratori ospiti” provenienti da paesi come l’Italia, la Grecia e la Turchia, raccontano le proprie storie, ed espongono i propri desideri e paure. Superando i limiti di una fredda catalogazione, la narrazione rivela le emozioni e le sfide quotidiane affrontate dagli immigrati. Inventur – Metzstraße 11 opera anche come critica sociale, rivelando i processi speculativi nelle grandi città tedesche dove le aree residenziali si sono trasformate in enormi quartieri popolari. I lavoratori ripresi da Žilnik sono solitamente considerati come gli “altri” europei, minoritari e invisibilizzati, che occupano le periferie della società
Želimir Žilnik (Serbia, 1942) inizia la sua carriera cinematografica negli anni Sessanta, lavorando come assistente regista in diversi film. È tra i protagonisti del movimento cinematografico jugoslavo Onda Nera che, fra gli anni Sessanta e Settanta, si distingueva per il linguaggio sperimentale, l’humor nero e il tentativo di analisi critica della società jugoslava dell’epoca. Nel 1969 viene premiato al Festival di Berlino con l’Orso d’oro con Opere giovanili (Rani Radovi). Nel 1980 si trasferisce a Berlino, dove continua l’attività di filmmaker indipendente affrontando temi politici come le disuguaglianze sociali e la disoccupazione, o le migrazioni e la guerra.
Inventur – Metzstraße 11 is an example of Želimir Žilnik’s internationalist perspective of using his camera to cross borders in order to support and participate in liberation struggles. The film is an important contribution to the Yugoslav Black Wave movement of the 1960s and 1970s, a period in which Žilnik focused on crucial issues such as inequality, political tensions and social upheaval, recording the often marginalised or neglected stories of migrant workers in West Germany.
The debate on proletarian migration is often dominated by stereotypical representations, which tend to portray immigrants as subordinate and dependent on their original contexts. The title itself is a German term meaning ‘inventory’ and can be interpreted as an attempt to take stock of the lives and conditions of these workers within a complex industrial reality.
Presented one after the other along the stairs of an apartment block, thirty occupants, mostly “guest workers” from countries such as Italy, Greece and Turkey, recount their stories, desires and fears. Going beyond the limits of a cold categorisation, the narration reveals the emotions and daily challenges faced by the immigrants. Inventur – Metzstraße 11 also operates as a social critique, revealing the speculative processes in large German cities where residential areas have been transformed into huge housing estates. The workers filmed by Žilnik are usually seen as the European “others”, minority and invisible, occupying the peripheries of society.
Želimir Žilnik (Serbia, 1942) began his film career in the 1960s, working as an assistant director on several films. He was one of the protagonists of the Yugoslav film movement Black Wave, active between the 1960s and 1970s, which was distinguished by its experimental language, black humour and attempt at critical analysis of Yugoslav society at the time. In 1969 he was awarded the Golden Bear at the Berlin Film Festival for Youth Works (Rani Radovi). In 1980 he moved to Berlin, where he continued as an independent filmmaker tackling fundamental political themes, from social inequality and unemployment, to migration, and war.